giovedì 30 agosto 2012

From the past. Again.

IL CANTASTORIE
L'infanzia
Nessuno seppe mai con esattezza come l'elfo fosse venuto al mondo, c'e' chi disse che venne ritrovato davanti ad una chiesa, chi sostenne che venne rapito da una famiglia di zingari e fatto crescere alla mercé, finché non gli venne insegnato il mestiere di cantastorie... fatto sta che questo esserino dalla pelle color latte e gli occhi chiari più del mare, venne sempre deriso dai compaesani, proprio per la sua diversità, per l'aspetto così mite e delicato: tutti erano convinti che non sarebbe stato capace di crescere, di maturare e gli avevano fatto credere che sarebbe stato mangiato vivo dai lupi, se non avesse imparato presto un mestiere.

Ma lui non voleva andare a lavorare nei campi: amava le belle arti, si dedicava alla pittura e alla scrittura nascostamente, al riparo da occhi indiscreti e cercava di capire il contenuto dei libri che prendeva, nonostante non avesse imparato a leggere in quanto la famiglia che lo aveva allevato versava in condizioni indigenti tali da non potersi permettere di mandarlo alle scuole popolari.

Ma lui si era incaponito nel volersi imparare da solo e sapeva che ce l'avrebbe fatta: infatti per tutto il giorno, fino a tarda sera aiutava a mandare avanti il gregge e ad accudirlo nella stalla, la notte, con la candela accesa, continuava ad annotare quello che leggeva, pensava e sentiva dalla gente che

interpellava e intanto, incominciava a farsi delle idee su quella che sarebbe dovuta essere la sua vita da adulto. E man mano che il tempo passava, raccoglieva sempre maggiori nozioni di storia, filosofia, arte, rimanendo affascinato dalla maestosità delle costruzioni di un tempo e amando rendersi partecipe delle più importanti vicende dei secoli addietro, per poi rielaborarle nei suoi racconti.

Racconti che non aveva mai avuto il coraggio di far leggere a nessuno ma che era sicuro, un giorno, sarebbero stati pubblicati da una rivista o forse li avrebbe visti nei negozi... sì, perché la gente ricca che viveva nelle grandi città e tornava in paese per le feste, raccontava che nei centri più facoltosi vi erano locande dove bere e ballare, ascoltando buona musica, magazzini dove comprare abiti a basso prezzo e perfino un cinematografo, dove proiettavano storie portate sullo schermo da uomini che maneggiavano un marchingegno chiamato "cinepresa" e costruivano scenette sulla base di ciò che era stato scritto dall'autore: la gente comune pensava fosse una magia, una stregoneria, mentre gli intellettuali conoscevano questo nuovo ritrovato della comunicazione di massa, che avrebbe permesso di cogliere l'immediatezza dei fatti tramite un cine obiettivo, piuttosto che relegare il tutto al sommario racconto di un povero cronista.

Ma la gente del paese non sapeva neanche che esistessero i giornali, la radio, le trasmissioni a distanza, il telegrafo: continuavano a scambiarsi messaggi a voce ed erano scettici.

Mentre l'elfo sognava che un giorno avrebbe potuto studiare, lavorando per guadagnarsi il pane quotidiano: sarebbe diventato un personaggio di dominio pubblico, amato ed osannato dalle platee di tutto il mondo... il mondo, cos'era poi il mondo per lui?, ...che non aveva mai visto una cartina geografica... ma aveva sentito parlare di persone che vivevano in paesi lontani, dove la gente aveva diverse usanze, vestiva con abiti differenti e aveva usi e costumi diversi, usanze religiose diverse... lui non sapeva cosa fosse la religione, che esistessero luoghi sacri dover poter professare il proprio culto.

Gli avevano insegnato che doveva "farsi da solo", sulle sue gambe e non avrebbe mai ricevuto nessun tipo di aiuto.

Ma lui non voleva crescere con le stupide credenze del suo ambiente: voleva diventare adulto, maturare sulle proprie convinzioni e farsi una cultura.

Naturalmente, era troppo piccolo per capire e quando gli abitanti si riunivano con i "cittadini" per discutere sui nuovi ritrovati della scienza e della tecnologia ed il ragazzino, interessato, poneva una qualche domanda al riguardo, tutti scoppiavano a ridere, anche qualora la discussione si protraesse in separata sede, e lo deridevano per tutto il paese, coinvolgendo anche coloro i quali non avevano assistito alla scena.

Nonostante ciò non si perdeva d'animo e cercava da solo le risposte a quelle curiosità, che non venivano esaudite più per ignoranza, che per altezzosità.

Il piccolo elfo non aveva amici: in quei pochi minuti in cui gli era concesso di riposare dal lavoro di mandriano, guardava sconsolato i bambini che giocavano e correvano nel prato, all'uscita di una mattinata trascorsa a scuola e man mano che cresceva, vedeva i giovani che andavano a divertirsi in città con le ragazzette del paese, mentre lui passeggiava da solo e non incontrava che persone che si prendevano gioco di lui. Ed il suo animo, esacerbato da farse di una vita, caparbiamente non voleva rimanere a quel livello: voleva volare alto nei cieli, scoprire la magnificenza dello spirito e costruire qualcosa di utile e veritiero per esseri tristi e sconsolati come lui.

Fu così che decise di diventare un cantastorie, di mascherarsi da "volto senza nome", per raccontare favole, frutto della sua fantasia, che i concittadini stupidi e creduloni avrebbero preso come vere e avrebbero tramandato di generazione in generazione, come se fossero leggende.

E sapeva che, una volta adulto, sarebbe riuscito a trovare la via per arrivare a lasciar libero se stesso...




La giovinezza
L'elfo decise così di iniziare la sua vera vita, narrando le storie frutto della sua fantasia e contemporaneamente, continuando a studiare e ad interessarsi agli argomenti che gli erano più cari, costruendosi a poco a poco la cultura che gli era sempre stata negata.

Quando aveva un attimo di tempo, cercava d'inoltrarsi sempre più in luoghi sconosciuti, in vecchi templi senza tempo, pregni di storia e di nozioni su cui fondare il proprio sapere.

Vagava alla ricerca delle proprie radici, per conoscere meglio se stesso e la propria storia.

Quello che guadagnava dall'improvvisato lavoro non era poi tanto, gli bastava giusto per comprare libri ed un paio di quaderni su cui approfondire quello che studiava.

Per le storie non aveva bisogno di niente, le inventava ricamando sopra le sue conoscenze e approfittava dell'ignoranza dei suoi paesani, che prendevano per oro colato quello che diceva questo essere misterioso che si aggirava coperto da una maschera, lasciando scoperti soltanto gli occhi... occhi che denotavano una grande intelligenza, una spiccata sensibilità per l'arte ed un amore per il "bello", che avrebbe continuato a coltivare finché la sua curiosità non lo avrebbe condotto fuori da quel posto, così misero e rozzo.

Ed infatti, man mano che il tempo scorreva, ciò che leggeva ed esplorava, spinto dalla sua insaziabile curiosità, non gli bastava più e volle visitare le zone circostanti, per ricostruire ancora un tassello di quel mosaico che era il suo passato, la sua nascita e la crescita in un luogo che non sentiva suo.

Nonostante la sua "sete di conoscenza" lo portasse ad incontrare e a misurarsi con diverse persone ogni volta, non era riuscito a legare con nessuno in particolare e questo lo faceva sentire un eterno straniero nel proprio paese, ma lo spirito d'intraprendenza e la voglia di distinguersi dagli altri non gli mancavano.

Ed infatti continuò a portare avanti quell'unico mestiere che aveva imparato per guadagnarsi quel poco che gli bastava per vivere e avere la possibilità di continuare a cercare quello che ancora non era riuscito a trovare dentro se stesso.

E ciò derivava da una continua ricerca interiore, di uno spirito mai sazio perché non conscio della propria esistenza e come tale, bisognoso di essere amato, nutrito e curato.

L'elfo non era a conoscenza di questo suo aspetto interiore, il suo cammino sarebbe stato ancora lungo e faticoso, finché avrebbe trovato da solo la via giusta da seguire...

Lo spirito d'avventura che lo contraddistingueva lo portò ben presto fuori dal suo "habitat naturale", facendogli incontrare realtà che non avrebbe mai creduto esistessero.

Era giunto al punto di non avere più una precisa meta da raggiungere e continuava a vagare inutilmente, con la coscienza insoddisfatta di chi non e' neanche sicuro di se stesso.

Ogni giorno, terminato il suo compito mattutino, decideva di portarsi oltre e di scoprire sempre nuovi particolari del luogo in cui viveva, certo che lì avrebbe trovato le sue origini.

Ma lui ignorava che nessuno ne fosse al corrente perché la nascita degli elfi e' un particolare sconosciuto alla gente, infatti non se ne conosce la provenienza e quale compito sia stato loro affidato per la vita su questa terra.

Di certo si sa che non li si può costringere a vivere come umani, mentre lui stesso era stato allevato in questo modo, per cui avrebbe dovuto faticare maggiormente a scoprire quale fosse la sua collocazione su un pianeta estraneo, non avendo avuto la possibilità di seguire il suo istinto di "abitante della natura", principe dei boschi e folletto dalle verdi speranze.

Ma nonostante si trovasse a dover affrontare questo problema con molteplici difficoltà, forse proprio la voglia di riscattarsi contro le avversità della sua nuova esistenza, lo sospingevano a non mollare e a continuare nella ricerca del suo "io".

La sua fama di cantastorie si era nel frattempo estesa al di fuori del paese, tanto che persone provenienti dalle zone limitrofe amavano radunarsi per ascoltare le storie fantastiche, così amabilmente raccontate, da questo "uomo senza volto" che era oramai diventato l'unica attrattiva del luogo e spesso si stupivano del perché non avesse mai pensato di far pubblicare i suoi racconti, ma lui non avrebbe mai potuto ricordare particolari inventati sul momento.

Eppure un distinto signore gli propose di scrivere qualche storia per lui e nonostante la riluttanza che il suo carattere, schivo e taciturno, gli suggeriva, decise di accettare di buon grado, sicuro di seguire i propri buoni propositi.

La sete della novità era tanta: voleva conoscere nuove realtà, assaporare il gusto del successo e compiere gli studi che fino ad allora non aveva potuto intraprendere, cercando così di recuperare il tempo perduto. Colui che, così gentilmente, gli aveva offerto l'ingaggio poteva dargli questa possibilità, facendogli assaporare la realizzazione di un sogno e nello stesso tempo, di ampliare le sue conoscenze in un ambiente che gli avrebbe offerto tutto quello che poteva essergli utile.

Così vide per la prima volta musei veri, mostre di scultura e pittura, in cui ascoltava, affascinato, le discussioni dei critici sulla veridicità delle copie esposte e ne rimaneva estasiato, sempre più sicuro di aver preso la giusta decisione per la sua vita futura.

Ed ogni nuova conoscenza che faceva poteva essere lo spunto per una nuova storia o per arricchire le sue descrizioni di particolari, che avrebbero senz'altro attirato ancora di più i suoi lettori.

Le giornate gli addivenivano sempre più pesanti, pressate dai mille impegni da dover sostenere, in forza della sua sempre più crescente popolarità, ma sapeva che quello era il prezzo da pagare, del successo che aumentava ed era ben felice di dover dimenticarsi di se stesso a causa di ciò.

Ma nonostante lo fosse, in cuor suo la felicità gli lasciava un po' di amaro in bocca, come se gli mancasse qualcosa. Ed infatti quello strano senso di vuoto gli pervadeva l'animo ogni qualvolta rientrasse dalle sue interminabili serate mondane, l'aspetto che meno amava del suo lavoro, e finalmente si sdraiava nel suo letto a pensare a quello che avrebbe dovuto fare il giorno dopo, ansioso di riprendere il lavoro da dove l'aveva abbandonato.

Era l'unico modo in cui si sentisse veramente a suo agio, insieme ai suoi pensieri, ai suoi sentimenti...

Ancora non capiva che mancasse la cosa più importante: la conoscenza del suo animo, che aveva un profondo bisogno di essere nutrito, curato ed amato.

E la paura di non essere in grado di aiutare se stesso lo colse proprio quando, guardando le stelle, non riuscì a leggere in quale direzione portare il suo cuore...

Decise così di iniziare a dedicare un po' più di tempo alla ricerca introspettiva che già da tempo avrebbe dovuto intraprendere e a prestare più attenzione a quei pensieri che sembrava scorressero così veloci da non avere il tempo materiale per coglierli, mentre il suo intimo li conosceva fin troppo bene e aspettava soltanto che fosse lui a rendersene conto, finalmente.

Nonostante le occupazioni giornaliere fossero rallentate, riuscì a condurre la sua vita in modo molto più regolare, a riflettere di più suoi fatti che gli accadevano ogni giorno e a portare avanti un discorso più costruttivo su stesso, su cui sapeva di aver ancora tanto da fare, se voleva veramente scoprire l'anima.

Infatti iniziò ad andare alla ricerca delle radici, soffermandosi di più sulle percezioni più strettamente legate alla psiche umana, sui pensieri filosofici che regolano la vita e su quegli istinti che aveva sempre soppresso, perché così gli avevano insegnato.

Amava che tutto ciò si svolgesse all'aria aperta, perché soltanto in posti lontani dal fragore della città e dai rumori giornalieri, la sua mente era libera di spaziare oltre i confini del pensabile e giungere al culmine del pensiero, dove neanche la fantasia ha accesso. E si lasciava trasportare dal suo stesso respiro in una sconfinata dimensione spazio-temporale, senza alcun limite di valicabilità, nella sola certezza che in quel cumulo di sensazioni ed emozioni sovrapposte, avrebbe trovato la chiave d'accesso al suo cuore.

E solo quando, alla fine della giornata, si soffermava a guardare le stelle, cercando di riordinare i pensieri per capire se fosse riuscito a giungere ad un qualche punto fermo, capiva che qualcosa d'irresistibile stava lassù e lo chiamava, ma lui non riusciva a sentire...


 
 
La maturità
Per trascorrere il tempo, passeggiava lungo le vie più nascoste della città, alla ricerca di qualche posto che lo ispirasse nel suo disperato cammino alla ricerca di se stesso e all'improvviso, venne attratto da un monastero, che quasi sembrava invitarlo ad entrarvi.

La prima sensazione che avvertì fu una grande pace interiore, un sentirsi completamente in armonia con l'intero Universo, come se tutto fosse cambiato in un attimo e avesse trovato la risoluzione a tutti i suoi problemi .

Quasi ne fu commosso, nella novità del sentimento che cercava di indurlo a costruirsi una nuova via per lasciare che i suoi pensieri lo conducessero nella direzione giusta e decise di perseverare in questo senso, sicuro di aver scelto il meglio.

Infatti la scoperta appena fatta comparve ben presto come fulcro dei suoi scritti, come punto fermo da cui partire per proseguire nella scoperta del suo intimo.

Ed infatti proseguì nell'ascoltare quella voce che continuamente gli rammentava che doveva andare avanti, nonostante i momenti di sconforto, che doveva arrivare a conoscere la verità sul compito a cui era stato designato, che sarebbe stata la meta da raggiungere.

E finalmente, per la prima volta nella sua vita, non si sentì più solo ma era certo, come il sole che sorge ogni mattina, che quella presenza amica non l'avrebbe mai abbandonato e l'avrebbe guidato nella scelta più difficile: quella di ascoltare il suo cuore.

Così iniziò ad interessarsi dei culti professati nei differenti Stati, a capire l'importanza che avessero nella vita dell'individuo, come guida spirituale all'eterna ricerca dell'uomo: la verità su se stessi.

E continuò a "parlare" con la sua anima, ad ascoltare le sue emozioni e crescere con loro, così come sentiva che doveva essere fatto.

I momenti in cui questa crescita interiore maggiormente si manifestava dentro di se erano proprio quelli che aveva sempre amato, quando, in un attimo di vera e profonda riflessione, poteva ascoltare semplicemente quello che la sua interiorità cercava di dirgli, lasciandosi andare alla bellezza della vita, alla semplicità delle cose, alla ricerca della perfezione assoluta nella lucentezza delle propria esistenza.
Solo così sentiva di aver accresciuto quella maturazione che avveniva dentro se e che era sicuro, lo avrebbe condotto dove la sua esistenza veramente avrebbe avuto un senso: al cospetto del suo Creatore.

Il Quale gli si rivelò con un gesto molto semplice: facendogli ritrovare, tra le sue letture preferite, una vecchia poesia che sembrava lo rispecchiasse come una pozza d'acqua cristallina, narrandogli:

"L'elfo saltellava per ogni dove,
annunciando allegria, gioia,
spensieratezza ai passanti,
che coinvolgeva nei suoi giochi,
nei suoi scherzi colorati e brillanti.
Ma dentro di se nascondeva la tristezza,
la solitudine di se stesso,
di un essere infelice, che la natura,
come scherzo del destino,
aveva designato ad essere felice,
mentre lui neanche lo sentiva dentro di se.
E tutto cio' aveva fatto si' che nessuno lo
prendesse sul serio, nessuno si curasse
della propria anima e dietro il suo
sorriso triste celava un cuore infranto.
Facendo il suo dovere, come ogni giorno,
incontrò un animo dolce e gentile
che, guardandolo negli occhi,
riuscì a capire la sua vera essenza
e fu da quel giorno che l'elfo poté
capire cosa significasse gioire..."
Niente gli era più sconosciuto oramai, poteva camminare a testa alta, sicuro del suo animo come del primo vagito di un bambino, che si aggrappa alla sua mamma per paura di ciò che lo circonda, ma lui non poteva più avere paura del mondo perché conosceva se stesso.

Ed infatti quella presenza che da tempo avvertiva alle spalle, di aiuto negli attimi di smarrimento, era quasi diventata tangibile e sapeva che la sua pazienza sarebbe stata premiata a tempo debito.

E quando, se non nella tranquillità di una notte trascorsa, al solito, a rimirare quel manto di stelle che sempre lo aveva attratto, senza conoscerne il significato?

Fu così che Lui gli apparve, finalmente, come una visione talmente materiale da poterLo toccare... il suo animo fu così calmo e tranquillo che denotava ormai la sua totale preparazione a quello che sarebbe stato il compimento della sua Esistenza.

E nonostante non gliel'avesse rivelato, era sicuro che l'avrebbe scoperto da solo e che la fine sarebbe stata solo l'inizio della maturazione interiore, perché sarebbe potuto tornare alla sua stella natia, crescendo sotto l'egida del suo Maestro.

Quando Colui scomparve, si sentì in piena armonia e pace, scevro da ogni preoccupazione e pronto ad aspettare quel momento che sapeva, sarebbe arrivato.

Non dovette attendere molto che l'avvenimento gli si presentasse sotto forma di una piccola ninfa, che sapeva avrebbe riconosciuto dietro un'ombra, lieve e discreta, che da tempo percepiva accanto a se.

E quando la vide per la prima volta, non ne fu affatto sorpreso, ma la condusse per mano, sapendo di dover terminare il suo compito proprio con la prima vera compagnia della sua vita e lei stessa era stata predestinata a ciò, per cui si lasciò andare ai suoi insegnamenti, soffice come una nuvola.

E proprio nell'istante in cui l'aveva, finalmente, trovata, sapeva che l'avrebbe dovuta abbandonare per permetterle di continuare il suo cammino qualora lui non ci fosse stato più.

Le si prostrò come davanti ad una Dea, che sarebbe diventata per proseguire nel suo cammino d'iniziazione spirituale, dopo che il compito dell'elfo si fosse estinto.

E fu così che, portati a termine i suoi comandamenti, salì per sempre nel cielo stellato, andando ad affiancare le luci che già avevano compiuto il loro cammino, nella certezza che lei avrebbe proseguito la sua opera, ricongiungendosi, finalmente, al Divino Spirito, suo unico Creatore.
                                                              

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