mercoledì 28 settembre 2011

ARIA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Ennesimamente.
Come se l'aria non mi appartenesse.
Come se stessi nuotando per ricondurmi al mio mare.
Come se estraniandomi, potessi riconoscermi.
Come se leggessi parole descritte da cumuli di macerie e non percepissi l'odore acre della riconoscenza, del sentiero perfetto entro cui non perdere l'equilibrio.
Delle mani forti che sanno parlarmi anche senza parole.
Delle girandole che luccicano, facendomi brillare gli occhi.
Delle luci che brillano al neon e che rendono calda anche la notte.
Di ogni goccia che cade e che infoltisce il mare di polvere di vita.
Come se. Tutto questo fosse scomparso in un istante.
Sporcato dall'inutilità della vergogna.
Calpestato dalla falsità di sorrisi compiacenti.
Incenerito da secoli di lotte per non soccombere, alla brutalità, all'ignoranza, alla devozione al dio denaro. NO! Perchè IO, non cedo.
E abbasso la testa solo e unicamente di fronte alla Bellezza, alla Purezza, alla Trasparenza del cuore.
NON tutto è Bellezza. NON tutto è Arte. NON tutto è Espressione di Creatività.
PIANTIAMOLA di dire che tutto è Arte.
Una benemerita minchia di niente!
Arte è Espressione di qualcosa.
La soggettività non esiste.
DEVE significare.
IN sè.
Se no, NON è Arte.
Ieri. Ho visto questo.
Arte e NON Arte.
Capacità di esistere in sè e per sè e incapacità di stare, anche semplicemente, appeso al muro o poggiato sul tavolo.
E ho visto che c'era Libertà di comprendere.
E di leggere individualmente.
Questo significa Crescere.
E non in chi crede che lisciare il pelo significa essere migliori degli altri.
Credere nel cambiamento, quando siamo tutti bravi a scrivere, ma non a comunicare.
Quando siamo bravi a calpestare un palcoscenico, e a Recitare.
Mi spiace ma...il mio spazio non è Qui.
E' Altrove. Dove lo decido iI1. E con Chi. Ho voglia di ascoltare. In Silenzio. Per Crescere.

mercoledì 7 settembre 2011

La distanza che rende perfetti.

Non conosco l'amore, se non attraverso le note di una musica che non smette mai di risuonarmi in testa. Attraverso i colori che rivestono le mie parole, la dolcezza con cui guardo un tramonto, la libertà con cui il mare nuota dentro me.
Sono sogni.
Sogni che sbattono contro le pareti della mia anima e che descrivono giornate trascorse a perfezionare ogni singolo movimento, arrotondare le nuvole con carta sbiadita dal sole e passeggiare sulla battigia, a non stancarmi mai del vento tra i capelli.
Sono parole al vento.
Proprio quelle.
Ne ho sprecate talmente tante a urlare il mio dolore e a ricoprire il mio corpo con vesti scure, per sparire dalla volta del mondo.
E ad arruffarmi contro le dita aggrovigliate ai tendini della rabbia, facendo finta di non accorgermi che la rabbia era dentro me.
Che la cecità è dei miei occhi ed il mio cuore non sa amare.
Una sconfitta. Forse.
Ma conosco il muro che non riesce a sciogliersi.
Quel ghiaccio che nessuna mano calda ancora è riuscito a rompere, con dolcezza e con ironia.
E quell'alfabeto storto che non si lima, ma divide.
Travolgermi.
Per trovarmi a testa in giù.
A ridere della mia stupida e grottesca aridità, per divenire tutto tranne che quello che sono.
Una persona che pretende, più da se stessa, che dagli altri.

In a manner of speaking.

Leggo. Scrivo. Mi ascolto.
Per non abbandonare nemmeno un segnale che attraversi la corsia del cielo per divenire terra.
Raccoglio i colori per trattenerli solo un istante e lasciare che tracimino l'uno nell'altro, divenendo tinte inesplorate dall'arcobaleno.
Resisto finchè il cuore non si scioglie in lacrime rosse ed il viola non diviene di nuovo blu.
Accolgo il dolore per frantumarlo in luci sgargianti e fuochi d'artificio, come un bimbo che guarda il cielo e chiede quante stelle brillano.
Non saprai mai rispondergli, ma ti basta sapere quante ne brillano dentro te.
Riscopro che il mio nome non è quello sulla carta d'identità, ma quello che mi sento tatuato sul cuore e decido che è quello che voglio mostrare.
La rabbia del cielo che non ha saputo ascoltarti è la stessa dell'uomo, che non accetta lo scorrere del tempo e le stagioni che cambiano, mentre io ne amo i colori e li respiro.
Mi libero, ancora una volta, delle mie malinconie abbracciando solo quella, unica, che è mia.

lunedì 5 settembre 2011

Sulla via del ritorno.

Ripenso al viaggio verso casa.
Alla ricerca della pace.
Alle nuvole che si trasformavano in pennellate di azzurro/blu cobalto su un cielo che volgeva al sereno.
Alle altre nuvole che volteggiavano, lasciando scie di zucchero filato.
Ripenso alla bellezza del verde, alberi infiniti che lasciavano intravedere le radici al di sopra del ponte, al di sopra del pullman, ed io che ne ammiravo, commossa, le vette, come una bimba al suo negozio di giocattoli preferito, distesa sterminata a vista d'occhio di chiome fiere, resistenti alle intemperie, alla bruttura dell'uomo, ai secoli che avanzano, nonostante tutto.
E nella mia amata e adorata terra, chilometri intervallati da ammassi di pietre abbandonate e qualche rudere, che tramanda la storia della notte dei tempi, dove il lavoro era fatica, dedizione, costruzione.
Quanto amo questi colori. Questa fierezza. Questo senso di appartenenza.
Che non gioca mai sui luoghi comuni.
Ma tiene stretto a sè il mondo che ha generato.
Le sue origini. I suoi profumi. I suoi colori.
E quando ne calpesto i ciotoli, scorgo ogni centimentro della mia sarditudine e ringrazio il cielo.
Per tutta l'antichità, le mura, le Chiese, i giardini, le piazze, che hanno sorretto il tempo che avanza e accresciuto il significato di essere ciò che siamo.
Innamorati della terra che ci ha generato e isolani, fieri di esserlo.