giovedì 30 agosto 2012

From the past. Again.

IL CANTASTORIE
L'infanzia
Nessuno seppe mai con esattezza come l'elfo fosse venuto al mondo, c'e' chi disse che venne ritrovato davanti ad una chiesa, chi sostenne che venne rapito da una famiglia di zingari e fatto crescere alla mercé, finché non gli venne insegnato il mestiere di cantastorie... fatto sta che questo esserino dalla pelle color latte e gli occhi chiari più del mare, venne sempre deriso dai compaesani, proprio per la sua diversità, per l'aspetto così mite e delicato: tutti erano convinti che non sarebbe stato capace di crescere, di maturare e gli avevano fatto credere che sarebbe stato mangiato vivo dai lupi, se non avesse imparato presto un mestiere.

Ma lui non voleva andare a lavorare nei campi: amava le belle arti, si dedicava alla pittura e alla scrittura nascostamente, al riparo da occhi indiscreti e cercava di capire il contenuto dei libri che prendeva, nonostante non avesse imparato a leggere in quanto la famiglia che lo aveva allevato versava in condizioni indigenti tali da non potersi permettere di mandarlo alle scuole popolari.

Ma lui si era incaponito nel volersi imparare da solo e sapeva che ce l'avrebbe fatta: infatti per tutto il giorno, fino a tarda sera aiutava a mandare avanti il gregge e ad accudirlo nella stalla, la notte, con la candela accesa, continuava ad annotare quello che leggeva, pensava e sentiva dalla gente che

interpellava e intanto, incominciava a farsi delle idee su quella che sarebbe dovuta essere la sua vita da adulto. E man mano che il tempo passava, raccoglieva sempre maggiori nozioni di storia, filosofia, arte, rimanendo affascinato dalla maestosità delle costruzioni di un tempo e amando rendersi partecipe delle più importanti vicende dei secoli addietro, per poi rielaborarle nei suoi racconti.

Racconti che non aveva mai avuto il coraggio di far leggere a nessuno ma che era sicuro, un giorno, sarebbero stati pubblicati da una rivista o forse li avrebbe visti nei negozi... sì, perché la gente ricca che viveva nelle grandi città e tornava in paese per le feste, raccontava che nei centri più facoltosi vi erano locande dove bere e ballare, ascoltando buona musica, magazzini dove comprare abiti a basso prezzo e perfino un cinematografo, dove proiettavano storie portate sullo schermo da uomini che maneggiavano un marchingegno chiamato "cinepresa" e costruivano scenette sulla base di ciò che era stato scritto dall'autore: la gente comune pensava fosse una magia, una stregoneria, mentre gli intellettuali conoscevano questo nuovo ritrovato della comunicazione di massa, che avrebbe permesso di cogliere l'immediatezza dei fatti tramite un cine obiettivo, piuttosto che relegare il tutto al sommario racconto di un povero cronista.

Ma la gente del paese non sapeva neanche che esistessero i giornali, la radio, le trasmissioni a distanza, il telegrafo: continuavano a scambiarsi messaggi a voce ed erano scettici.

Mentre l'elfo sognava che un giorno avrebbe potuto studiare, lavorando per guadagnarsi il pane quotidiano: sarebbe diventato un personaggio di dominio pubblico, amato ed osannato dalle platee di tutto il mondo... il mondo, cos'era poi il mondo per lui?, ...che non aveva mai visto una cartina geografica... ma aveva sentito parlare di persone che vivevano in paesi lontani, dove la gente aveva diverse usanze, vestiva con abiti differenti e aveva usi e costumi diversi, usanze religiose diverse... lui non sapeva cosa fosse la religione, che esistessero luoghi sacri dover poter professare il proprio culto.

Gli avevano insegnato che doveva "farsi da solo", sulle sue gambe e non avrebbe mai ricevuto nessun tipo di aiuto.

Ma lui non voleva crescere con le stupide credenze del suo ambiente: voleva diventare adulto, maturare sulle proprie convinzioni e farsi una cultura.

Naturalmente, era troppo piccolo per capire e quando gli abitanti si riunivano con i "cittadini" per discutere sui nuovi ritrovati della scienza e della tecnologia ed il ragazzino, interessato, poneva una qualche domanda al riguardo, tutti scoppiavano a ridere, anche qualora la discussione si protraesse in separata sede, e lo deridevano per tutto il paese, coinvolgendo anche coloro i quali non avevano assistito alla scena.

Nonostante ciò non si perdeva d'animo e cercava da solo le risposte a quelle curiosità, che non venivano esaudite più per ignoranza, che per altezzosità.

Il piccolo elfo non aveva amici: in quei pochi minuti in cui gli era concesso di riposare dal lavoro di mandriano, guardava sconsolato i bambini che giocavano e correvano nel prato, all'uscita di una mattinata trascorsa a scuola e man mano che cresceva, vedeva i giovani che andavano a divertirsi in città con le ragazzette del paese, mentre lui passeggiava da solo e non incontrava che persone che si prendevano gioco di lui. Ed il suo animo, esacerbato da farse di una vita, caparbiamente non voleva rimanere a quel livello: voleva volare alto nei cieli, scoprire la magnificenza dello spirito e costruire qualcosa di utile e veritiero per esseri tristi e sconsolati come lui.

Fu così che decise di diventare un cantastorie, di mascherarsi da "volto senza nome", per raccontare favole, frutto della sua fantasia, che i concittadini stupidi e creduloni avrebbero preso come vere e avrebbero tramandato di generazione in generazione, come se fossero leggende.

E sapeva che, una volta adulto, sarebbe riuscito a trovare la via per arrivare a lasciar libero se stesso...




La giovinezza
L'elfo decise così di iniziare la sua vera vita, narrando le storie frutto della sua fantasia e contemporaneamente, continuando a studiare e ad interessarsi agli argomenti che gli erano più cari, costruendosi a poco a poco la cultura che gli era sempre stata negata.

Quando aveva un attimo di tempo, cercava d'inoltrarsi sempre più in luoghi sconosciuti, in vecchi templi senza tempo, pregni di storia e di nozioni su cui fondare il proprio sapere.

Vagava alla ricerca delle proprie radici, per conoscere meglio se stesso e la propria storia.

Quello che guadagnava dall'improvvisato lavoro non era poi tanto, gli bastava giusto per comprare libri ed un paio di quaderni su cui approfondire quello che studiava.

Per le storie non aveva bisogno di niente, le inventava ricamando sopra le sue conoscenze e approfittava dell'ignoranza dei suoi paesani, che prendevano per oro colato quello che diceva questo essere misterioso che si aggirava coperto da una maschera, lasciando scoperti soltanto gli occhi... occhi che denotavano una grande intelligenza, una spiccata sensibilità per l'arte ed un amore per il "bello", che avrebbe continuato a coltivare finché la sua curiosità non lo avrebbe condotto fuori da quel posto, così misero e rozzo.

Ed infatti, man mano che il tempo scorreva, ciò che leggeva ed esplorava, spinto dalla sua insaziabile curiosità, non gli bastava più e volle visitare le zone circostanti, per ricostruire ancora un tassello di quel mosaico che era il suo passato, la sua nascita e la crescita in un luogo che non sentiva suo.

Nonostante la sua "sete di conoscenza" lo portasse ad incontrare e a misurarsi con diverse persone ogni volta, non era riuscito a legare con nessuno in particolare e questo lo faceva sentire un eterno straniero nel proprio paese, ma lo spirito d'intraprendenza e la voglia di distinguersi dagli altri non gli mancavano.

Ed infatti continuò a portare avanti quell'unico mestiere che aveva imparato per guadagnarsi quel poco che gli bastava per vivere e avere la possibilità di continuare a cercare quello che ancora non era riuscito a trovare dentro se stesso.

E ciò derivava da una continua ricerca interiore, di uno spirito mai sazio perché non conscio della propria esistenza e come tale, bisognoso di essere amato, nutrito e curato.

L'elfo non era a conoscenza di questo suo aspetto interiore, il suo cammino sarebbe stato ancora lungo e faticoso, finché avrebbe trovato da solo la via giusta da seguire...

Lo spirito d'avventura che lo contraddistingueva lo portò ben presto fuori dal suo "habitat naturale", facendogli incontrare realtà che non avrebbe mai creduto esistessero.

Era giunto al punto di non avere più una precisa meta da raggiungere e continuava a vagare inutilmente, con la coscienza insoddisfatta di chi non e' neanche sicuro di se stesso.

Ogni giorno, terminato il suo compito mattutino, decideva di portarsi oltre e di scoprire sempre nuovi particolari del luogo in cui viveva, certo che lì avrebbe trovato le sue origini.

Ma lui ignorava che nessuno ne fosse al corrente perché la nascita degli elfi e' un particolare sconosciuto alla gente, infatti non se ne conosce la provenienza e quale compito sia stato loro affidato per la vita su questa terra.

Di certo si sa che non li si può costringere a vivere come umani, mentre lui stesso era stato allevato in questo modo, per cui avrebbe dovuto faticare maggiormente a scoprire quale fosse la sua collocazione su un pianeta estraneo, non avendo avuto la possibilità di seguire il suo istinto di "abitante della natura", principe dei boschi e folletto dalle verdi speranze.

Ma nonostante si trovasse a dover affrontare questo problema con molteplici difficoltà, forse proprio la voglia di riscattarsi contro le avversità della sua nuova esistenza, lo sospingevano a non mollare e a continuare nella ricerca del suo "io".

La sua fama di cantastorie si era nel frattempo estesa al di fuori del paese, tanto che persone provenienti dalle zone limitrofe amavano radunarsi per ascoltare le storie fantastiche, così amabilmente raccontate, da questo "uomo senza volto" che era oramai diventato l'unica attrattiva del luogo e spesso si stupivano del perché non avesse mai pensato di far pubblicare i suoi racconti, ma lui non avrebbe mai potuto ricordare particolari inventati sul momento.

Eppure un distinto signore gli propose di scrivere qualche storia per lui e nonostante la riluttanza che il suo carattere, schivo e taciturno, gli suggeriva, decise di accettare di buon grado, sicuro di seguire i propri buoni propositi.

La sete della novità era tanta: voleva conoscere nuove realtà, assaporare il gusto del successo e compiere gli studi che fino ad allora non aveva potuto intraprendere, cercando così di recuperare il tempo perduto. Colui che, così gentilmente, gli aveva offerto l'ingaggio poteva dargli questa possibilità, facendogli assaporare la realizzazione di un sogno e nello stesso tempo, di ampliare le sue conoscenze in un ambiente che gli avrebbe offerto tutto quello che poteva essergli utile.

Così vide per la prima volta musei veri, mostre di scultura e pittura, in cui ascoltava, affascinato, le discussioni dei critici sulla veridicità delle copie esposte e ne rimaneva estasiato, sempre più sicuro di aver preso la giusta decisione per la sua vita futura.

Ed ogni nuova conoscenza che faceva poteva essere lo spunto per una nuova storia o per arricchire le sue descrizioni di particolari, che avrebbero senz'altro attirato ancora di più i suoi lettori.

Le giornate gli addivenivano sempre più pesanti, pressate dai mille impegni da dover sostenere, in forza della sua sempre più crescente popolarità, ma sapeva che quello era il prezzo da pagare, del successo che aumentava ed era ben felice di dover dimenticarsi di se stesso a causa di ciò.

Ma nonostante lo fosse, in cuor suo la felicità gli lasciava un po' di amaro in bocca, come se gli mancasse qualcosa. Ed infatti quello strano senso di vuoto gli pervadeva l'animo ogni qualvolta rientrasse dalle sue interminabili serate mondane, l'aspetto che meno amava del suo lavoro, e finalmente si sdraiava nel suo letto a pensare a quello che avrebbe dovuto fare il giorno dopo, ansioso di riprendere il lavoro da dove l'aveva abbandonato.

Era l'unico modo in cui si sentisse veramente a suo agio, insieme ai suoi pensieri, ai suoi sentimenti...

Ancora non capiva che mancasse la cosa più importante: la conoscenza del suo animo, che aveva un profondo bisogno di essere nutrito, curato ed amato.

E la paura di non essere in grado di aiutare se stesso lo colse proprio quando, guardando le stelle, non riuscì a leggere in quale direzione portare il suo cuore...

Decise così di iniziare a dedicare un po' più di tempo alla ricerca introspettiva che già da tempo avrebbe dovuto intraprendere e a prestare più attenzione a quei pensieri che sembrava scorressero così veloci da non avere il tempo materiale per coglierli, mentre il suo intimo li conosceva fin troppo bene e aspettava soltanto che fosse lui a rendersene conto, finalmente.

Nonostante le occupazioni giornaliere fossero rallentate, riuscì a condurre la sua vita in modo molto più regolare, a riflettere di più suoi fatti che gli accadevano ogni giorno e a portare avanti un discorso più costruttivo su stesso, su cui sapeva di aver ancora tanto da fare, se voleva veramente scoprire l'anima.

Infatti iniziò ad andare alla ricerca delle radici, soffermandosi di più sulle percezioni più strettamente legate alla psiche umana, sui pensieri filosofici che regolano la vita e su quegli istinti che aveva sempre soppresso, perché così gli avevano insegnato.

Amava che tutto ciò si svolgesse all'aria aperta, perché soltanto in posti lontani dal fragore della città e dai rumori giornalieri, la sua mente era libera di spaziare oltre i confini del pensabile e giungere al culmine del pensiero, dove neanche la fantasia ha accesso. E si lasciava trasportare dal suo stesso respiro in una sconfinata dimensione spazio-temporale, senza alcun limite di valicabilità, nella sola certezza che in quel cumulo di sensazioni ed emozioni sovrapposte, avrebbe trovato la chiave d'accesso al suo cuore.

E solo quando, alla fine della giornata, si soffermava a guardare le stelle, cercando di riordinare i pensieri per capire se fosse riuscito a giungere ad un qualche punto fermo, capiva che qualcosa d'irresistibile stava lassù e lo chiamava, ma lui non riusciva a sentire...


 
 
La maturità
Per trascorrere il tempo, passeggiava lungo le vie più nascoste della città, alla ricerca di qualche posto che lo ispirasse nel suo disperato cammino alla ricerca di se stesso e all'improvviso, venne attratto da un monastero, che quasi sembrava invitarlo ad entrarvi.

La prima sensazione che avvertì fu una grande pace interiore, un sentirsi completamente in armonia con l'intero Universo, come se tutto fosse cambiato in un attimo e avesse trovato la risoluzione a tutti i suoi problemi .

Quasi ne fu commosso, nella novità del sentimento che cercava di indurlo a costruirsi una nuova via per lasciare che i suoi pensieri lo conducessero nella direzione giusta e decise di perseverare in questo senso, sicuro di aver scelto il meglio.

Infatti la scoperta appena fatta comparve ben presto come fulcro dei suoi scritti, come punto fermo da cui partire per proseguire nella scoperta del suo intimo.

Ed infatti proseguì nell'ascoltare quella voce che continuamente gli rammentava che doveva andare avanti, nonostante i momenti di sconforto, che doveva arrivare a conoscere la verità sul compito a cui era stato designato, che sarebbe stata la meta da raggiungere.

E finalmente, per la prima volta nella sua vita, non si sentì più solo ma era certo, come il sole che sorge ogni mattina, che quella presenza amica non l'avrebbe mai abbandonato e l'avrebbe guidato nella scelta più difficile: quella di ascoltare il suo cuore.

Così iniziò ad interessarsi dei culti professati nei differenti Stati, a capire l'importanza che avessero nella vita dell'individuo, come guida spirituale all'eterna ricerca dell'uomo: la verità su se stessi.

E continuò a "parlare" con la sua anima, ad ascoltare le sue emozioni e crescere con loro, così come sentiva che doveva essere fatto.

I momenti in cui questa crescita interiore maggiormente si manifestava dentro di se erano proprio quelli che aveva sempre amato, quando, in un attimo di vera e profonda riflessione, poteva ascoltare semplicemente quello che la sua interiorità cercava di dirgli, lasciandosi andare alla bellezza della vita, alla semplicità delle cose, alla ricerca della perfezione assoluta nella lucentezza delle propria esistenza.
Solo così sentiva di aver accresciuto quella maturazione che avveniva dentro se e che era sicuro, lo avrebbe condotto dove la sua esistenza veramente avrebbe avuto un senso: al cospetto del suo Creatore.

Il Quale gli si rivelò con un gesto molto semplice: facendogli ritrovare, tra le sue letture preferite, una vecchia poesia che sembrava lo rispecchiasse come una pozza d'acqua cristallina, narrandogli:

"L'elfo saltellava per ogni dove,
annunciando allegria, gioia,
spensieratezza ai passanti,
che coinvolgeva nei suoi giochi,
nei suoi scherzi colorati e brillanti.
Ma dentro di se nascondeva la tristezza,
la solitudine di se stesso,
di un essere infelice, che la natura,
come scherzo del destino,
aveva designato ad essere felice,
mentre lui neanche lo sentiva dentro di se.
E tutto cio' aveva fatto si' che nessuno lo
prendesse sul serio, nessuno si curasse
della propria anima e dietro il suo
sorriso triste celava un cuore infranto.
Facendo il suo dovere, come ogni giorno,
incontrò un animo dolce e gentile
che, guardandolo negli occhi,
riuscì a capire la sua vera essenza
e fu da quel giorno che l'elfo poté
capire cosa significasse gioire..."
Niente gli era più sconosciuto oramai, poteva camminare a testa alta, sicuro del suo animo come del primo vagito di un bambino, che si aggrappa alla sua mamma per paura di ciò che lo circonda, ma lui non poteva più avere paura del mondo perché conosceva se stesso.

Ed infatti quella presenza che da tempo avvertiva alle spalle, di aiuto negli attimi di smarrimento, era quasi diventata tangibile e sapeva che la sua pazienza sarebbe stata premiata a tempo debito.

E quando, se non nella tranquillità di una notte trascorsa, al solito, a rimirare quel manto di stelle che sempre lo aveva attratto, senza conoscerne il significato?

Fu così che Lui gli apparve, finalmente, come una visione talmente materiale da poterLo toccare... il suo animo fu così calmo e tranquillo che denotava ormai la sua totale preparazione a quello che sarebbe stato il compimento della sua Esistenza.

E nonostante non gliel'avesse rivelato, era sicuro che l'avrebbe scoperto da solo e che la fine sarebbe stata solo l'inizio della maturazione interiore, perché sarebbe potuto tornare alla sua stella natia, crescendo sotto l'egida del suo Maestro.

Quando Colui scomparve, si sentì in piena armonia e pace, scevro da ogni preoccupazione e pronto ad aspettare quel momento che sapeva, sarebbe arrivato.

Non dovette attendere molto che l'avvenimento gli si presentasse sotto forma di una piccola ninfa, che sapeva avrebbe riconosciuto dietro un'ombra, lieve e discreta, che da tempo percepiva accanto a se.

E quando la vide per la prima volta, non ne fu affatto sorpreso, ma la condusse per mano, sapendo di dover terminare il suo compito proprio con la prima vera compagnia della sua vita e lei stessa era stata predestinata a ciò, per cui si lasciò andare ai suoi insegnamenti, soffice come una nuvola.

E proprio nell'istante in cui l'aveva, finalmente, trovata, sapeva che l'avrebbe dovuta abbandonare per permetterle di continuare il suo cammino qualora lui non ci fosse stato più.

Le si prostrò come davanti ad una Dea, che sarebbe diventata per proseguire nel suo cammino d'iniziazione spirituale, dopo che il compito dell'elfo si fosse estinto.

E fu così che, portati a termine i suoi comandamenti, salì per sempre nel cielo stellato, andando ad affiancare le luci che già avevano compiuto il loro cammino, nella certezza che lei avrebbe proseguito la sua opera, ricongiungendosi, finalmente, al Divino Spirito, suo unico Creatore.
                                                              

From the past.

ALL NIGHT LONG
...sentivo che quella notte sarebbe successo qualcosa di strano... doveva essere cosi'... non facevo altro che svegliarmi, ogni dieci minuti guardavo l'orologio ed era sempre la stessa storia... fuori solo... la notte, sempre piu' buia ed una calma talmente surreale, che sembrava impossibile che dovesse avere mai fine.
Eppure faceva caldo quella notte... mi scoprivo in preda ad un'insofferenza che non avevo mai provato prima... decisi di avvicinarmi alla finestra ma avvertii subito l'umidita' che proveniva dal mare... e quella sensazione di tranquillità mi pervase l'animo, facendomi dimenticare ogni cosa.
Rimasi immobile a fissare la luna che illuminava il tratto di mare di fronte a me per non so quanto tempo, dimenticandomi anche del freddo che avvolgeva le mie spalle, finché non decisi di scendere in spiaggia, a perdermi in quel silenzio senza tempo, in cui tutto sembrava compenetrarsi di un'infinita beltà, nell'emozione di essere, comunque, parte di tutto o tutto di una parte, la più piccola ma perfetta, dimensione umana della vita che stavo cercando, con tutte le mie forze, di vivere.
In quel preciso istante, sentivo di aver dimenticato tutto quello che non aveva fatto altro che contribuire a chiudermi in me stessa fino a quel momento: ogni pensiero sembrava scomparso, volatilizzato in mezzo alle nuvole che così velocemente correvano via, spostate da quel vento, che era l'unica cosa a sapere dove andare e dove condurle... e loro si lasciavano tranquillamente trasportare dove lui voleva... le guardavo andar via e quasi volevo essere al posto loro, perché almeno sapevano quale fosse la loro destinazione, per quale motivo stessero così in alto, completamente evanescenti ed irraggiungibili... io invece potevo solo farmi cullare da quel vento, che evidentemente non era ancora quello che cercavo per crearmi un'esistenza.
Ma non volevo farmi prendere da tristezze... desideravo soltanto godermi quell'atmosfera paradisiaca, che mi aveva fatto scordare ogni più remota insicurezza,
per sentirmi finalmente libera di vivere secondo quello che sentivo essere il mio modo di conformarmi a quest'insieme di creature inesistenti che però, in qualche modo,
riuscivo a scorgere intorno a me... mi sembrava quasi di vivere un sogno, da cui avevo veramente paura di risvegliarmi, per ritrovarmi poi nella più grigia delle giornate nere, in cui non trovavo mai meta, mai pace per i miei tormenti, mai ristoro per la mia mente affamata di risposte... ma la paura che tutto finisse e mi portasse ad annegare sempre più nelle mie buie sofferenze, mi fece chiudere gli occhi ed addormentare.
...per poi rendermi conto che al mio risveglio, non sarebbe cambiato niente.
E la cosa più strana era che avevo la sensazione che il tempo si fosse fermato, nonostante le ore fossero volate via... perché quando aprii gli occhi, credendo di vedere il sole, tutto era rimasto inalterato... sollevai lo sguardo al cielo e la luna era ancora lì, a sorridermi e a farmi l'occhiolino tra una nuvola e l'altra che sembravano farle il solletico... e quella brezza così piacevolmente fresca aveva continuato a farmi compagnia durante il mio riposo... l'unico pensiero che mi pervase l'animo fu che evidentemente dovessi essermi appisolata soltanto per qualche ora, ma quando guardai
l'orologio mi resi conto che non era così... infatti avevo recuperato tutto quel sonno che avevo precedentemente perso.
...continuavo ad essere incredula, completamente incapace di capire cosa mi stesse succedendo ma nonostante tutto non avevo paura.
Anzi, dentro di me speravo che questa notte non finisse mai, perché forse avevo trovato la mia vera dimensione...
...probabilmente avrei finalmente trovato il coraggio di vivere in modo totalmente sincero e spontaneo tutti quei sentimenti che avevo sempre cercato di nascondere e reprimere dentro me... avevo solo bisogno di... rincominciare a vivere.
...ancora incredula iniziai a pensare al perché di tutto questo... se potesse avere un senso, per quale motivo stessi vivendo una sensazione così magica, avvolta nel mistero di un tempo che non esisteva più, di una dimensione che non era più la mia... ma forse era proprio quello che cercavo, la mia vera vita... era stato un modo per farmi capire o per capire io stessa che tutto quello che volevo era lì, a portata di mano e dovevo solo decidere se lo volessi veramente o volessi continuare a vivere come avevo sempre fatto, lasciandomi trascinare da idee che non erano le mie, da sentimenti che facevo finta di accettare ed al pensiero dei quali, arrossivo dalla timidezza... finché non sono caduta nel baratro più profondo quando ho capito che non ero niente di tutto ciò e che dovevo imparare a leggermi dentro per capire cosa veramente volevo che la mia vita diventasse...
...e tutte le volte che mi sembrava che le angosce, le mie solite ansie sopravvenissero a quel lavoro che ancora dovevo fare dentro me... sapevo che uscendo dal guscio, avrei trovato la vera vita, quella in cui non dovevo aver paura di me stessa, di quello che pensavo, perché avrei trovato la risposta ai miei quesiti nella semplicità della magnificenza naturale dell'uomo...
...ad un tratto non riuscii a capire perché fossi scappata da tutto questo così a lungo, perché avessi sempre cercato di essere qualcos'altro di diverso da me stessa.
Perché dovessi continuamente e disperatamente rifuggire da ogni cosa che sapevo di voler fare, alla ricerca di qualcosa che neanch'io sapevo cosa e dove fosse, mentre dovevo soltanto cercare dentro di me la forza di reagire all'apatia, all'autodistruzione e a quella voglia di fuggire, senza neanche sapere perché.
...ma ogni volta mi sembrava lo stesso... per quanto tempo avevo cercato di farlo, senza riuscirne mai fuori completamente, quante volte mi ero guardata dentro senza trovare una reale risposta ai miei quesiti, alle mie ansie... ormai credevo di non riuscirci più, credevo che non sarei stata più capace di essere me stessa, di avere normali relazioni con gli altri, di crearmi una mia vita...
...per troppo tempo non avevo fatto che prendermi in giro, facendo credere di essere una persona assolutamente normale, gioviale, aperta e spontanea che non avesse paura di niente, mentre vivevo coperta da maschere che non mi rappresentavano e facevo soltanto il gioco che gli altri si aspettavano da me...
...mentre scoprii pian piano di avere solo paura di me stessa, di quello che ero veramente...
...giorno dopo giorno sapevo che dovevo lasciare tutto quello che ero stata fino ad allora per rincominciare daccapo, come se stessi nascendo ancora una volta, ma nonostante lo volessi ciecamente, non facevo altro che ricascarci.
Sembrava fosse più forte di me... ogni volta mi lasciavo travolgere da qualcosa di cui non facevo parte, forse solo per sentirmi, almeno esteriormente, meno diversa... ma questo non sminuiva la mia voglia e la mia disperata ricerca di relazioni umane e mi spingeva ad assumere "false identità".
Finché non fu normale per me subire la crisi di chi non sa più riconoscersi e capire chi realmente sia...credevo inizialmente che, trovata la via, sarebbe stato facile, invece non era assolutamente così.
...dopo un periodo di contentezza, dove l'euforia della novità mi aveva allontanato da ogni possibile incertezza, mi sentii nuovamente crollare il mondo addosso, come se tutto quello che avessi fatto fino ad allora non significasse niente, come se non avessi concluso nulla e mi ritrovassi, ancora una volta, sola con le mie ansie, le mie paure, le mie indecisioni senza risposta...
...ma perché dovevo continuare a vivere, senza trovare un valido motivo per farlo, per continuare a lottare e fingere di essere felice, se poi non lo ero?
Non é facile uscire da situazioni simili, l'ho sempre saputo, ma forse allora credevo di aver risolto tutto...
...e la luna, che fine aveva fatto?
Era sempre lì, a dirmi che dovevo fare qualcosa per ritrovare una ragione per vivere.
Quello che volevo era soltanto accorgermi di quale strada dovessi seguire per capire cosa volessi essere, cosa volessi vivere.
...c'era una strana musicalità nelle atmosfere che respiravo, come un vento forte e rassicurante che proveniva da chissà quale pianeta irraggiungibile.
Sapevo soltanto che amavo particolarmente lasciarmi cullare da quella brezza avvolgente, che mi faceva scordare ogni cosa e speravo che, lasciandomi andare, avrei scoperto, finalmente, cosa andavo cercando.
...nonostante fosse notte fonda, o quella che sembrava notte, vidi una luce così intensa disseminarsi tutt'intorno, quasi come se ci fosse un'alba nella notte, un sole improvviso che mandasse solo i suoi raggi, senza farsi vedere.
Mi faceva un po' impressione, una luce così violenta che sembrava mi volesse illuminare per forza, quando io avrei voluto essere così piccola da sparire.
Completamente immersa nei miei pensieri, non mi accorsi di un'ombra che era passata dietro la mia schiena.
Lì per lì pensai soltanto ad una folata di vento più intensa e ad occhi chiusi non mi resi conto che una presenza, quasi impalpabile, si era portata alle mie spalle.
Mi lasciavo cullare dalla situazione, ignara di tutto e coccolata dall'atmosfera surreale che stavo vivendo... ma quell'ombra poteva parlare, toccarmi e respirare... esisteva... tanto che mi sussurrò un lievissimo saluto che mi sconvolse, perché quando mi voltai non vidi nessuno, ma quella voce così affascinante non m'incuteva nessuna soggezione, anzi, pareva essere totalmente parte di ciò che c'era attorno.
Leggendo la mia espressione spaventata ed incredula, fece di tutto per tranquillizzarmi, assicurandomi di essere il mio spirito-guida e che mi sarebbe stato accanto, se lo avessi voluto.
La cosa m'incuriosiva molto e mi affascinava a tal punto da sapere di voler stare al gioco, quindi mi abbandonai completamente a quella strana magia che stavo vivendo, anche perché volevo vedere come fosse fatto colui che si definiva il mio "spirito-guida".
Dopo un paio di minuti mi apparve di fronte e rimasi assolutamente sconcertata dal fascino che incuteva su di me, quasi misto a soggezione: aveva un viso dolcissimo e molto rassicurante, così giovanile e quasi da ragazzino, ma i suoi occhi emanavano quella sicurezza e quella saggezza che non potevano non essergli congeniali.
Ero rimasta soprattutto colpita dai suoi occhi, quello sguardo così intenso che, nonostante la cupezza del colore, lasciava soavemente trasparire la limpidezza e la bellezza del suo animo.
...aveva colto la mia incredulità e notando in me un certo timore, misto a curiosità, mi strinse dolcemente le spalle, sorridendomi in modo così intenso da lasciarmi senza fiato: nonostante le sue parole, non ero riuscita ancora a farmi trasportare dalla situazione e colui che mi si appariva, mi fece capire, come se tra noi ci fosse completa libertà di espressione, che mi avrebbe aiutata solo se avesse incontrato il mio consenso, diversamente sarebbe sparito per sempre e che non intendeva assolutamente incutermi soggezione.
...mi lasciava senza parole il fatto che solo io potessi vederlo, sentirlo, toccarlo, proprio perché faceva parte della mia dimensione reale, quella che stava cercando di farmi vivere, facendo di noi una cosa sola, senza limiti di espressione, senza incomprensioni, senza dubbi e sin dall'inizio ci fu totale e completa sovrapposizione e sintonia nei gesti, nei pensieri e nelle parole.
Per me era come vivere in un sogno, un sogno che era la mia realtà e dove, pian piano, stavo ritrovando me stessa.
...più quello che pareva tempo scorreva velocemente e più mi sembrava di conoscere da tempo quell' "angelo incantatore"... mi pareva di aver visto quegli oscuri e profondi occhi chissà quanti miliardi di altre volte, nascosti tra mille facce, che vigilavano dentro di me in chissà quale remoto angolo del mio piccolo Universo interno, ma non vi avevo mai prestato attenzione alcuna.
Più lo guardavo e stavo con lui, più tutto mi sembrava surreale... continuavo a vivere in quell'eterna atmosfera da sogno, anche se lui mi rammentava sovente che era la mia realtà ed in quella dovevo vivere... era strano ma stupendo pensare che ci conoscessimo così bene, senza sapere i nostri nomi...
...in quei momenti, che non lo erano mai, niente sembrava avesse tempo, età, cognizione... le cose accadevano quando dovevano accadere ed io non facevo altro che accondiscendere a ché tutto ciò continuasse ad essere, solo e semplicemente, la mia vita, perché ero felice di viverla, per una volta... avevo scordato tutte quelle forme di auto-depressione che non facevano altro che sconvolgere il mio stato emotivo, forse perché mi tenevo sempre occupata a fare qualunque cosa ci potesse maggiormente compenetrare in quel piacevolissimo limbo dove stavo vivendo, sensazioni, emozioni, luoghi che comunque, se pur inconsciamente, facevano già parte di me...
...avevo la sensazione di essere una persona diversa, che le mie ansie, le mie indecisioni, le mie preoccupazioni scomparissero e... quando mi risvegliavo dalle lunghe passeggiate fatte assieme, a parlare di tutto quello che ci passasse per la mente, lui c'era sempre e sapevo che oramai, eravamo diventati inseparabili, perché ero io a volerlo e lui era lì per me...
Conobbi così tante cose che lo riguardavano... era un tipo molto timido e riservato, che non legava facilmente con gli altri, ma che era capace di aprirsi totalmente quando trovava la persona giusta... amava molto la musica ed uscire con gli amici nel tempo libero... leggeva, scriveva, componeva canzoni... sembrava che tutto questo fosse fatto apposta, eppure era insito nel suo carattere, nel suo modo di essere, di fare... non amava molto parlare di sé, anche lui aveva avuto dei problemi ma era riuscito a superarli con la sua forza di volontà e con l'aiuto delle persone che gli stavano accanto... aveva avuto tante piccole storie, alcune amare, altre molto belle, ma in lui non c'era ancora la viva certezza e sicurezza del suo futuro... la cosa mi sconcertò molto, non mi aspettavo niente di simile da lui, eppure era capace di commuovermi, con la sua semplicità, la sua riservatezza, le sue poche parole, ma che miravano diritte al mio cuore.
...non so come, né perché, ma c'era stata subito un'intesa perfetta tra noi, sembrava che sapessimo tutto l'uno dell'altra sin dalla prima volta e non c'era mai stata paura di dirsi qualcosa, timore di ferirsi l'un l'altro perché sapevamo già cosa stessimo pensando... e la cosa che mi aveva colpito di più era che avevamo fatto le stesse esperienze, condividevamo le emozioni più similari e le medesime stime nei confronti della vita e nella sua apparente forza d'animo, che era un misto di dolcezza, comprensione e dedizione, nascondeva quella timidezza e quell'insicurezza che leggevo nei suoi occhi...
...talvolta sembrava che dovessi essere io ad aiutare lui, ma sapevo bene che... era comunque la vita, quella che doveva per forza essere e che continuava, dentro di me, a voler esistere.
...era stupendo passeggiare, mano nella mano, anche senza dirsi niente... perché sapevo già cosa stesse pensando, cosa balenasse nella sua mente e quale significato avessero i suoi abbracci improvvisi... ma la sensazione di vivere in un'eterna notte, fatta di sentimenti veloci che scorrevano come il vento, di piccole e tenere carezze senza apparente significato, di sguardi e sorrisi, non volevo che finisse mai e non sarebbe finita, se non l'avessi voluto ed io non lo volevo...
...ed anche quando mi portava in giro, nei momenti in cui facevamo qualcosa di diverso e ci dedicavamo alle nostre passioni comuni, non smettevamo mai di scambiarci opinioni, di chiarire sempre di più quello che stava diventando un rapporto importante, che mi stava facendo riacquistare, a poco a poco, la fiducia in me stessa...
...avevo quasi paura che questo "incantesimo" finisse, ma sapevo che non sarebbe stato così perché mi sarebbe stato accanto per tutto il tempo che io avessi voluto ed io volevo che continuasse, ad essere, come lo era sempre stato, il mio "spirito-guida".
...ogni istante che passavamo insieme, che non era mai tempo reale, mi faceva capire che doveva esserci qualcosa di sublime nel nostro rapporto... perché... non mi ero mai innamorata prima... e avevo quasi paura di ammetterlo... ed ero così confusa da non riuscire a capirlo fino in fondo... ma non potevo non essere emozionata quando lo vedevo, quando scrutavo quei suoi occhi, che non mi avevano mai detto niente, ma al contempo significavano tutto... sapevo soltanto che se fosse stato un sogno, non avrei mai voluto risvegliarmi...
...non saprò mai se fosse stato un dono dal cielo, ma sicuramente lo ritrovai accanto a me quando mi risvegliai... quel giorno.

martedì 28 agosto 2012

Ad abbeverarsi di sogni. Ancora.

Il buio oltre la luce. Nell'attimo in cui sai di non aver nient'altro da perdere, se non decidere se annientarti o risalire la china. Nell'incrocio esatto tra le spine che si conficcano sotto le unghie e le nuvole che fanno paura, quelle che minacciano il temporale nero. Nella dimensione esatta in cui ti guardi dentro e ancora dentro e sorridi beffardo, finchè il riso non diventa sorriso.
Quante volte rinunciare per paura, finchè non ti arrendi alla tua voglia di non arrenderti?
Quanti pomeriggi a pensare per non trattenere in te il suono, la perfezione esatta tra la rima della tua anima ed il rossore del sogno che non ti abbandona da sveglio.
Quanto sonno che non si lava via dagli occhi, a farti bestemmiare per tutte le notti insonni e per le mattine a riempirti di caffè amaro e petrolifico.
Quanti passi non messi, uno dopo l'altro, a sentire le ossa rompersi e stringere ancora i denti per ballare dei petali che non cadranno mai.
Quanta voglia di abbeverarsi di risa e di solletico, perchè una volta tanto, le dita scorrano tra i capelli ed il collo e non vi sia timore di far male, ma solo di abbracciare le vene tese e sollevarle dal peso del dolore.
Quante carezze lasciate sul fondo del piatto, a riempire ancora il cuore di note.
Ed io...che so attendere...lascio scorrere le lacrime, per non aver paura. Più.
Anche quando so che ne avrò ancora.

giovedì 16 agosto 2012

Tu sei Vivo.

Certo che esiste la perfezione.
E' un attimo prima che il sole sorga.
Un attimo appena dopo che ti segga sulla sabbia, a sporcarti i pantaloni buoni con quella ruggine fangosa che non andrà mai via.
E' quel senso di beatitudine che precede il sorriso.
Quel rossore sulle gote, che riempie le guance di bellezza.
E' la gioia fatta persona.
I cappelli arruffati dellla notte che rimane sul viso.
Gli occhi ancora appannati del mattino che ancora non ne vuole sapere di svegliarsi.
I passi abbondantenmente lenti e rotondi sulle mattonelle scricchiolanti.
Le scale che ti invitano a guardar bene dove metti i piedi.
Il profumo di caffè.
Ma si, quello delle paste appena sfornate, crepi l'abitudine alle diete.
La bellezza. Quella buona. Quella pura.
Delle note rotonde e di quelle sghembe.
Della malinconia, come del freddo pungente dei monti, solcati appena da alberi secolari.
Anche l'incanutirsi dei capelli, perchè no.
Perchè la bellezza sono anche gli anni che avanzano.
E di fronte alla superficialità di parole vuote, è bello essere saggi e puri.
E' il vuoto riempito di disperazione, le lacrime che non scendono, perchè il dolore è sordo ai suoni e lega le vene con nodi scorsoi.
E' lo stare in piedi ad attendere il momento buono.
Perchè ci si può parlare a palmi lerci di terra, con unghie scheggiate di rosso sangue.
E' quell'attimo di non-respiro, in cui i polmoni sanno smettere di funzionare.
Perchè quando riprendono a farlo...tu sei vivo.