Leggo. Scrivo. Mi ascolto.
Per non abbandonare nemmeno un segnale che attraversi la corsia del cielo per divenire terra.
Raccoglio i colori per trattenerli solo un istante e lasciare che tracimino l'uno nell'altro, divenendo tinte inesplorate dall'arcobaleno.
Resisto finchè il cuore non si scioglie in lacrime rosse ed il viola non diviene di nuovo blu.
Accolgo il dolore per frantumarlo in luci sgargianti e fuochi d'artificio, come un bimbo che guarda il cielo e chiede quante stelle brillano.
Non saprai mai rispondergli, ma ti basta sapere quante ne brillano dentro te.
Riscopro che il mio nome non è quello sulla carta d'identità, ma quello che mi sento tatuato sul cuore e decido che è quello che voglio mostrare.
La rabbia del cielo che non ha saputo ascoltarti è la stessa dell'uomo, che non accetta lo scorrere del tempo e le stagioni che cambiano, mentre io ne amo i colori e li respiro.
Mi libero, ancora una volta, delle mie malinconie abbracciando solo quella, unica, che è mia.
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